Verso Bari 2020 - Mediterraneo, frontiera di pace
La proposta per sostenere l'incontro dei vescovi a Bari - Sui passi di La Pira: la mobilitazione orante che coinvolgerą sette comunitą femminili.
Pubblicato il 15/12/2019 da Comunitą
Nel mese di febbraio del 2020 si svolgerà a Bari un incontro dei Vescovi del Mediterraneo, voluto dal Presidente della Conferenza episcopale italiana, Sua Eminenza il Cardinale Gualtiero Bassetti. In vista di questo incontro è stato chiesto il sostegno della preghiera dei monasteri di vita contemplativa e, in particolare, è stata rivolta alla nostra comunità la proposta di unire spiritualmente alcuni monasteri di entrambe le sponde del Mediterraneo per accompagnare, con la preghiera e con la riflessione, il lavoro dei Vescovi.
Pubblichiamo di seguito l'intervista integrale fatta alla comunità dal giornalista Giacomo Gambassi a spiegazione dell'iniziativa. L'articolo definitivo, scritto dal giornalista Giacomo Gambassi, è stato pubblicato da Avvenire Domenica 15 dicembre 2019.
La carità fa da nave
Si racconta che i cervi, quando vogliono recarsi al pascolo in certe isole lontane dalla costa, per attraversare la lingua di mare che li separa poggiano la testa sulla schiena altrui. Succede così che uno soltanto, quello che apre la fila, tiene alta la propria testa senza appoggiarla sugli altri; quando però egli si è stancato, si toglie dal davanti e si mette per ultimo, sicché anche lui può appoggiarsi sul compagno. In questo modo tutti insieme portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata: non affondano perché la carità fa loro come da nave.
Agostino, Esposizione sul Salmo 129
1. Come nasce questa "rete" di preghiera per sostenere l'incontro dei vescovi per la pace nel Mediterraneo?
È una rete che nasce in una storia di legami ed è intessuta grazie all’amicizia. Da 16 anni appartiene alla nostra comunità una sorella libanese, che porta nella sua storia e nella sua persona i caratteri del mondo arabo mediorientale, le conseguenze del conflitto israelopalestinese e le ferite inferte da una guerra civile durata molti, troppi anni. Accogliere Abir in comunità ha significato spostare confini, scoprire nuovi territori di incontro, aprirsi ad altre prospettive, spingersi in un ascolto e un dialogo oltre il già noto. Così le sponde del Mediterraneo per noi si sono sorprendentemente avvicinate.
Quando alcuni mesi fa il Professor Marco Giovannoni, carissimo amico della comunità e membro del comitato organizzatore dell’incontro dei vescovi a Bari, ci ha parlato del desiderio del Cardinale Bassetti di unire spiritualmente (e quindi molto concretamente!) alcuni monasteri di entrambe le sponde del Mediterraneo per accompagnare l’incontro, sapeva di trovarci fortemente sensibili a questo scenario geografico-esistenziale.
2. Quali comunità avete coinvolto? E come si svolgerà concretamente l'iniziativa?
I monasteri sono tutti parte di una rete, in forza del mistero della comunione dei santi, e la preghiera per la pace è certamente al cuore della supplica che sale a Dio da ogni comunità orante. Proprio per questo abbiamo voluto che l’iniziativa avesse il carattere di una parabola: come a soffermare/affondare lo sguardo su alcune realtà all’incrocio di tensioni e contraddizioni, per cercare nel poco e nel piccolo l’affacciarsi del Regno di Dio che si offre a tutti. Abbiamo proposto ai monasteri contattati di dedicare una giornata di preghiera a questa iniziativa e di avviare una riflessione sulle tematiche che saranno affrontate nell’incontro dei vescovi. Sono comunità situate in contesti molto feriti, che raccolgono al loro interno persone provenienti da diverse nazionalità: le riflessioni che ci stanno giungendo sono di una ricchezza straordinaria. Dopo aver raccolto il contributo scritto di ciascuna comunità, qui a Pennabilli faremo un lavoro di sintesi per offrirlo al Cardinale Bassetti. La bellezza di questa iniziativa è per certi aspetti la rete stessa, che si è allacciata e scoperta, perché toglie dalla solitudine le realtà più provate e dà voce a chi vive per scelta nella marginalità e nel silenzio.
Sono coinvolte:
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La comunità delle Clarisse di Gerusalemme
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La comunità delle Carmelitane di Tangeri - Marocco
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La comunità della Carmelitane di Aleppo - Siria
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La comunità delle Religiose dell’Ordine Maronita del Libano
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La comunità delle Clarisse di Alessandria d’Egitto
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La comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata (Dossetti) di Ain Arik – Ramallah
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La comunità delle Agostiniane di Pennabilli – Italia - Sebbene ci troviamo fra i monti dell’Appennino, ci sentiamo bagnate dalle acque del Mediterraneo.
3. Come la preghiera può sostenere la pace? E come un monastero può contribuire alla pace?
In monastero si impara a desiderare la pace: il desiderare diviene stile non-violento e ospitale.
L’elemento primo che muta abitando il monastero è, concretamente, l’organizzazione del tempo e dello spazio: il ritmo nelle giornate racconta e vuole incarnare un modo preciso di voler bene. Questo è il perno che innamora la volontà attraendola ad aderire. E’ – letteralmente - ciò che muove, inchiodando: l’esperienza della trasformazione dell’amore “privato” (come lo chiamerebbe Agostino, De civ. Dei XIV,28) in “amore sociale”.
Lo scarto che in questo cammino d’amore sempre più si spalanca, come un abisso interiore, tra l’amore immaginario e l’amore reale, è il luogo misterioso dello scatenamento della paura e quindi di ogni violenza e reattività: esse sono l’istinto di sopravvivenza che sorge a difesa di ciò che sentiamo come più caro, che magari ci ha salvato in qualche stagione della vita.
E’ mai possibile che esista una qualità d’amore così diversa (Conf. VII,14.20) che attragga le nostre attese d’amore più profonde e contemporaneamente evochi paura e violenza?
Ciò che ci affascina, come la realtà più promettente e sicura che la nostra vita abbia mai sentito, come può arrivare ad assumere il volto di chi ci potrebbe “distruggere” togliendoci tutto? Nella delusione di tale aspettativa, chi non reagirebbe, chi non ne sarebbe ferito?
Questa noi viviamo come ferita del Dio Vivente, la ferita della qualità del suo amore, che entra nelle viscere della nostra umanità fino al limite di quello scarto: dalla schiavitù della violenza e della forza della sopravvivenza, alla libertà del volere il bene mio nel bene dell’altro. Questo è il luogo dove poter fare esperienza dell’impotenza e del disarmo, il solo in cui può germogliare un desiderio-preghiera di pace, nell’incontro con quel Dio che si espone senza difese a ciò che scatena e si scatena in noi. Allora, nel Suo sguardo di pace, si posa la paura e riposa il cuore, che può sciogliersi in un pianto di fiducia. Per la pace di tutti.
5. Come valutate l'incontro "Mediterraneo, frontiera di pace" che porterà a Bari i vescovi dei 19 Paesi affacciati sul grande mare e che sarà concluso dal Papa?
“Mediterraneo, frontiera di pace” è espressione e immagine di una Chiesa sinodale. Il grande mare ha un’identità plurale e dinamica. In continua evoluzione. È un crocevia di persone, storie ed esperienze spirituali. È lo scenario di un continuo esodo e di grandi tensioni e conflitti. L’incontro di Bari pone in dialogo non solo i vescovi, ma, con loro, le Chiese locali del bacino del Mediterraneo. Questo importante appuntamento ci parla di una chiesa che non ha frontiere in se stessa, che ha una comune vocazione e missione per i popoli del Mediterraneo, ci parla di un cristianesimo che ha a cuore la sacralità della vita umana più che i confini.
Pensiamo a questo appuntamento come ad un dialogo chiamato a generare vita, a mettere in moto un dinamismo relazionale, di amicizia, che ponga le basi per affrontare alcune questioni fondamentali ed urgenti quali la pace e la dignità della persona.
6. Siete monache agostiniane. Sant'Agostino ha unito le sponde del Mediterraneo. Quale la sua lezione per l'oggi?
Agostino è un uomo del Nordafrica che a 29 anni (nel 383 d.C.) attraversa il Mediterraneo e giunge a Roma, l’anno successivo si trasferisce a Milano e di lì a poco viene raggiunto dalla madre Monica, la quale compie la traversata dello stesso mare. Di quest’uomo, Erich Przywara - teologo che papa Francesco considera un suo maestro - ha scritto: “Agostino inForma l’Occidente”. La prima lezione di Agostino per l’oggi è proprio la sua biografia.
Quanto alla sua concezione della storia umana - peraltro segnata da un grande realismo rispetto alla violenza e al male – Agostino assegna all’amore, l’amore rimesso in ordine (ordo amoris), una funzione generativa, sia sul piano della vita interiore personale sia sul piano della vita sociale e politica. L’ordine degli affetti diventa con Agostino materia rilevante anche per l’ordine sociale, per il sistema delle relazioni. E i monasteri sono i microcosmi dove l’intreccio fra ordine degli affetti intrasoggettivo e intersoggettivo viene continuamente esplorato.
7. A ispirare l'incontro dei vescovi è la profezia di pace di Giorgio La Pira. Come leggere la sua profezia?
Vogliamo leggere la profezia di pace di La Pira sul “Mediterraneo, misterioso, ingrandito lago di Tiberiade del mondo intero; l’unica e triplice famiglia di Abramo: cristiani, musulmani, ebrei” (Lettera alle claustrali del giugno 1959), accostandovi alcune parole-gesti di papa Francesco. Nel maggio 2016, in occasione del conferimento del premio Carlo Magno, ha affermato: “Il volto dell’Europa non si distingue nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure”. Nel febbraio 2019, col Documento sulla fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi congiuntamente al Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, ha dichiarato “di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”. E a giugno, sempre di quest’anno, nel discorso tenuto a Napoli in occasione del Convegno La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo, ha suggerito: “uno stile di vita e di annuncio senza spirito di conquista, senza volontà di proselitismo – questa è la peste! – e senza un intento aggressivo di confutazione. Una modalità che entra in dialogo “dal di dentro” con gli uomini e con le loro culture, le loro storie, le loro differenti tradizioni religiose”. A La Pira, che spesso nelle Lettere alle claustrali si domandava: “Sogno? Fantasia?” risponde oggi papa Francesco, ponendo gesti e pronunciando parole che vanno proprio nella stessa direzione.
8. Infine le chiederei qualche breve notizia sulla Vostra comunità: da quante monache è composta la comunità? Ecc…
In comunità siamo dodici. La nostra è una casa che vede unite persone di diverse provenienze, età e percorsi di vita. Questa varietà di origini e vissuti è l'incipit della nostra storia di sorelle e amiche: tutto prende avvio dall'abitare insieme senza esserci scelte, riscoprendo e costruendo ogni giorno ciò che ci lega nel profondo. Le prime a mostrarci che è possibile godere di una vita di profonda unità, pur nelle differenze, sono le nostre sorelle più anziane, Madre Veronica e Suor Vittoria. Cresciute in monastero, senza aver visto altri panorami che non fossero la casa da cui sono partite e quella in cui oggi viviamo, continuano ad aprirsi a tutte le sfide di noi più giovani e della chiesa di oggi.
La nostra è, innanzitutto, una vita di ricerca, dove scopriamo che cercare Dio nella propria umanità dilata i confini. Dentro questa esplorazione umana e di fede trovano spazio le dimensioni del lavoro, dello studio, di ogni dialogo e incontro. Trova spazio la preghiera. È questo il modo con il quale ci immergiamo nel mistero di unità che ci avvolge. Il nostro pane quotidiano.
L’incontro dei vescovi del Mediterraneo è ispirato alle intuizioni di Giorgio La Pira e alla sua azione per la pace e la prosperità dei popoli del Mediterraneo. L’idea dei Colloqui Mediterranei prese forma per La Pira durante il suo viaggio in Marocco del 1957. Nel corso di quel soggiorno La Pira, che viveva la sua missione in una stretta sintonia con le monache di vita contemplative, visitò il Carmelo di Tangeri e altri monasteri. Questa esperienza maturò in lui la convinzione circa il significato profondo della presenza monastica nella terra dell’Islam e la forza unitiva e di pace dei monasteri di vita contemplativa in tutte le sponde del Mediterraneo. A partire da questa eredità, è stata chiara agli organizzatori dell’Incontro dei Vescovi del Mediterraneo, l’importanza che tale incontro sia accolto e accompagnato dai monasteri di vita contemplativa.
Lettera di La Pira ai monasteri a seguito della sua visita in Marocco (stralci).
Reverenda Madre,
Il viaggio caratteristico ed impreveduto che ho fatto nel Marocco nella prima quindicina di luglio: un viaggio che mi ha messo, per così dire, a contatto col cuore stesso della civiltà intera dell’Islam; che mi ha permesso di scrutare, in certo modo, quell’ultimo segreto e misterioso fondo dell’anima orante dell’Islam. […]
Il sigillo soprannaturale di questo viaggio è stato costituito, fra l’altro, dalla mia visita (accompagnato da ministri musulmani) a tre monasteri: alle clarisse di Casablanca, alle clarisse di Rabat, alle suore francescane missionarie di Maria di Marrakesch (visitai anche, ma da solo e senza farmi annunziare, il Carmelo di Tangeri; proprio per la festa della Madonna del Carmelo, il 16 luglio). […]
Tutto si lega nella trama degli eventi che il Signore suscita e di cui è Lui solo il diretto ideatore ed il diretto ispiratore! […] Le indicherò solo l’ultimo anello di questa catena di anelli connessi con tale visita.
Questo: - il giorno 17 settembre, festa delle stigmate di san Francesco, il secondogenito del Sultano saliva con me e col suo seguito il Monte della Verna per fare atto di intima venerazione a san Francesco.
Sette secoli dopo la drammatica visita di fede, di amore e di pace fatta da san Francesco al Sultano di Egitto (1219 a Damiette in Egitto), il Sultano del Marocco, nella persona del suo secondogenito, restituiva tale visita, compiendo un atto di speranza che Dio non ha mancato di trascrivere con accuratezza nel libro che non si cancella!
Preghi e faccia pregare la Madonnina pel Suo in X.to
La Pira
Vigilia degli Angeli Custodi, 1957